Il ruolo dell'ICT nello sviluppo della cultura digitale
Cosa può fare l’industria dell’ICT per lo sviluppo della cultura digitale è la domanda alla quale hanno cercato di rispondere i partecipanti all’interessante convegno organizzato dall’Istituto per le politiche dell’innovazione giovedì scorso a Roma (Cultura digitale e politica dell’innovazione).
Un giorno dopo la presentazione del tavolo di lavoro sull’antipirateria istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il settore ha dato un segnale di grande vitalità e passione: la sala stracolma, quaranta persone a seguire i lavori per strada e altre 200 online. Da Wikipedia a YouTube, dall’Ing. Chiariglione a Creative Commons, sono stati snocciolati dati, modelli di business e soluzioni tecnologiche per realizzare quel famoso bilanciamento fra protezione dei diritti di proprietà intellettuale e diffusione della cultura digitale che sono alla base di un sano sviluppo del Web.
La vera notizia che esce dalla riunione di oggi è che si può diffondere la conoscenza attraverso le nuove tecnologie, senza bloccare i contenuti e nel rispetto dei diritti dei titolari di proprietà intellettuale.
Inoltre, è chiaro che il passaggio all’economia digitale rappresenta un’opportunità irrinunciabile per uscire dalla crisi economica. Da questo punto di vista l’industria dei contenuti, per ragioni storiche e culturali, è l’orizzonte nel quale ci possiamo muovere in difesa di un’Italianità non museale ma veramente innovativa. I nuovi modelli di business che si stanno affermando offrono proprio la possibilità di far crescere una generazione di produttori indipendenti e dare nuova vita a contenuti che ormai non avevano più mercato. Insomma è il trionfo del concetto della Lunga Coda teorizzato da Chris Anderson, dove non monetizzano solo le hits ma tutti i contenuti, anche quelli che interessano meno persone.
Coordinare la filiera della creazione dei contenuti, negli interessi di tutti gli attori non è un’utopia, ma una realtà. Bisogna solo volerlo. Da questo punto di vista i protagonisti del dibattito hanno sottolineato che quello che ci si aspetta da chi prende le decisioni non sono i soliti aiuti di Stato ma una cornice normativa ‘positiva’ finalizzata a favorire lo sviluppo dell’economia digitale. I principi dell’accesso alle informazioni ed alle opportunità del Web, della neutralità della Rete, della difesa dei diritti fondamentali (libertà di espressione, privacy, informazione), la semplificazione delle leggi in vigore (anche facendo ricorso alla auto e co-regolamentazione) sono insieme all’impegno nelle Reti di nuova generazione l’ossigeno che permetterà a questo settore di liberare le proprie energie positive.
I politici presenti hanno colto il messaggio. La loro partecipazione attiva (e per una volta bipartisan) è una testimonianza di come non siano impermeabili al messaggio e non vivano le nuove tecnologie solo attraverso il loro canale YouTube o la loro pagina personale su Facebook. Speriamo che le azioni seguano le intenzioni, anche alla luce dei progetti di legge e delle soluzioni attualmente in discussione per proteggere il diritto d’autore sul Web.
La famosa dottrina Olivennes, ovvero il taglio della connessione ad Internet come punizione per chi scarica musica e video in maniera illegale, è all’opposto delle soluzioni discusse al convegno: pensiamo al VideoID di YouTube o al DRM dell’Ing. Chiariglione, sistemi in cui viene lasciata la libertà al titolare dei diritti di proprietà intellettuale di controllare, monetizzare o bloccare un determinato contenuto senza criminalizzare l’utente finale.
Il tema dell’accessibilità dei contenuti pubblici (a partire dalle leggi in vigore) è altrettanto all’ordine del giorno. Ci si è domandato se prima di preoccuparci di combattere il peer to peer non è il caso di domandarsi come è possibile che buona parte dei materiali che sono prodotti dalla Pubblica Amministrazione, con i soldi di tutti, non siano disponibili online. Anche questo è condividere la conoscenza.
Il tema di chi debba prendere le decisioni e di come coinvolgere la società civile e gli Internet Service Provider resta di estremo interesse ed attualità. Il convegno è stato un punto di partenza che non può essere ignorato: esiste un mondo di utenti e fornitori di piattaforme che abilitano alla conoscenza ed alla comunicazione, di ricercatori, di operatori della cultura e dell’accesso, di nuove professionalità che deve essere coinvolto nel processo decisionale, nel rispetto dei ruoli istituzionali ma anche di chi vive da protagonista la rivoluzione digitale.